La mattina del 5 novembre 1953 nutriti gruppi di studenti disertano le lezioni e danno vita a diversi cortei organizzati da partiti e associazioni pro-Italia per richiedere la revoca del divieto di esporre il tricolore italiano e protestare contro l’operato della Polizia civile del giorno prima.
Tra quest’ultima e i manifestanti si verificano però ben presto nuovi scontri, i più gravi dei quali avvengono presso la chiesa di Sant’Antonio Nuovo, dalla cui scalinata gli studenti fanno partire una sassaiola in direzione di un’auto con un ufficiale britannico.
Durante gli scontri che ne seguono alcuni studenti entrano nella chiesa, continuando al contempo la sassaiola contro la Polizia civile, che risponde con gli idranti e con l’irruzione nell’edificio, dove vengono colpiti e feriti i manifestanti e anche qualche fedele, profanando così il tempio con lo spargimento di sangue.
Gli incidenti si diffondono in varie aree della città e si verifica un nuovo attacco al Fronte dell’Indipendenza. Nel pomeriggio la situazione peggiora ulteriormente, perché si svolge il rito di riconsacrazione della chiesa di Sant’Antonio officiato da parte dal parroco.
La cerimonia di “riconciliazione”, però, invece di sedare gli animi innesca nuovi tumulti. Questa volta, poi, alla sassaiola dei manifestanti pro-Italia la polizia risponde aprendo il fuoco sui manifestanti.
Oltre a diversi feriti rimangono uccisi il manifestante quindicenne Pietro Addobbati ed un passante, Antonio Zavadil.
La notizia della loro morte provoca ulteriori incidenti in tutta la città, con ripetuti attacchi alle sedi delle truppe britanniche e scontri che si susseguono fino a tarda sera. Nel frattempo, i sindacati pro-Italia, così come quelli comunisti cominformisti, proclamano lo sciopero generale e gli imprenditori la serrata di industrie e pubblici esercizi.