Come previsto da Winterton, in occasione della festa di San Giusto, patrono della città, il sindaco Bartoli, dopo aver ricevuto l’assenso da parte del Consiglio comunale, innalza il tricolore italiano sul municipio di Trieste nonostante l’espresso divieto del GMA.
Non è certo l’unico tricolore italiano esposto quel giorno in città, dove anzi le bandiere italiane abbondano, esposte in case e negozi. Il municipio, però, è un edificio pubblico, ed il governo, in quel momento, è quello del GMA, la cui politica è volta tanto al rispetto dell’equidistanza tra italiani e jugoslavi quanto al mantenimento dell’ordine pubblico e al saldo controllo della Zona A.
Per questo motivo il tricolore italiano fatto issare da Bartoli sul municipio viene prontamente rimosso, seppur in maniera estremamente rispettosa, da parte di un ufficiale italoamericano della Polizia civile del GMA. Quest’ultima, che sarà una delle protagoniste dei giorni successivi, è una forza di polizia alle dipendenze del GMA che si caratterizza per essere composta da ufficiali britannici (tra cui il comandante) e statunitensi, e agenti che sono invece cittadini della Zona A, arruolati tentando di mantenere una parità numerica tra fautori del ritorno all’Italia, indipendentisti e pro-Tito.
Durante la giornata, in seguito alla messa in onore del Santo patrono celebrata nella cattedrale di San Giusto dal vescovo Santin, si formano alcuni cortei spontanei, che vengono dispersi senza problemi dalla Polizia civile.
I manifestanti legano un fazzoletto tricolore al collo della statua di Domenico Rossetti, l’intellettuale ottocentesco divenuto il simbolo dell’italianità di Trieste, ma i pompieri lo rimuovo prontamente.