La “Nota Bipartita” viene interpretata come un passo avanti verso l’attuazione della “Tripartita” di cinque anni prima da Pella, che non cita quanto comunicatogli dagli ambasciatori di Stati Uniti e Gran Bretagna, ovvero che la spartizione “de facto” sarebbe sostanzialmente definitiva, ed anzi sostiene che le rivendicazioni italiane sulla Zona B non saranno in alcun modo toccate dall’attuazione della “Nota Bipartita”.
Se nella Zona A le reazioni sono caute, perché forti sono le correnti indipendentiste ed è più sentito il problema della Zona B, di cui tutti ormai comprendono il destino in caso di attuazione della “Bipartita”, in Italia l’iniziativa alleata viene dunque accolta con grande soddisfazione.
In questo modo però, l’iniziativa anglo-americana appare come un successo dell’Italia, che otterrebbe la Zona A senza rinunciare alle proprie rivendicazioni sulla Zona B, e di conseguenza come una sconfitta diplomatica della Jugoslavia, che non riceverebbe alcuna contropartita per il ritorno all’Italia della Zona A da essa ormai quasi interamente rivendicata. Per questo motivo, a differenza di quanto successo da parte italiana, le reazioni da parte jugoslava sono completamente negative e, addirittura, minacciose.
Già la sera dell’8 ottobre si svolgono dimostrazioni organizzate dalle autorità dirette contro le sedi diplomatiche italiane, britanniche e americane a Belgrado e Zagabria, e gli incidenti continuano per alcuni giorni.
Sul piano diplomatico, il governo jugoslavo rifiuta la Nota, avvia rinforzi militari in Zona B e comunica che le truppe jugoslave entreranno immediatamente nella stessa Zona A, se gli anglo-americani vi faranno entrare quelle italiane senza il consenso jugoslavo.