Il 26 ottobre 1954 le truppe italiane fanno il loro ingresso a Trieste, accolte dall’entusiasmo popolare. Le truppe italiane, al comando del generale De Renzi, si fanno strada in una città tappezzata di tricolori italiani, fra ali di folla festante che si riversano sulle rive, dove attraccano le unità navali italiane.
Il generale Winterton non partecipa al trapasso dei poteri e nel corso della mattinata si allontana alla chetichella imbarcandosi su di una fregata britannica: il 10 febbraio 1947 il generale britannico De Winton, comandante della guarnigione di Pola, era stato ucciso da una neofascista italiana per protesta contro la cessione di una città a stragrande maggioranza italiana alla Jugoslavia, ed è meglio evitare il rischio di emulazioni.
Tre giorni dopo l’ingresso delle truppe italiane a Trieste il generale De Renzi cede tutti i poteri alle autorità civili italiane, rappresentate da un commissario generale del governo, Giovanni Palamara, sino a quel momento prefetto di Gorizia e dunque uomo particolarmente esperto nella gestione dei territori di confine con la Jugoslavia.
La fretta degli alleati di chiudere quanto prima la questione di Trieste e di eseguire il passaggio delle consegne all’Italia, così come, in parte, quella di Roma ad instaurare l’amministrazione civile, è legata anche alla necessità che nell’anniversario degli incidenti del novembre 1953, Trieste sia già ritornata all’amministrazione italiana.
Il risultato è conseguito: il 4 novembre si tiene a Trieste una grande parata militare cui assiste lo stesso presidente della Repubblica, Luigi Einaudi.
La partecipazione della cittadinanza è enorme: là dove un anno prima si sparava, ora è tangibile il ritorno all’Italia e alla normalità.
I festeggiamenti per il ritorno di Trieste all’Italia sono tali che si riesce ad evitare di guardare l’altra faccia della medaglia: con il Memorandum d’intesa di Londra la sorte jugoslava della Zona B è ormai segnata, e con essa quella della sua popolazione.