Già a partire dalla crisi dell’autunno del 1953 molti italiani sono fuggiti dalla Zona B a causa delle pressioni e delle violenze perpetrate dagli jugoslavi.
Da quel momento non passa settimana senza che un gruppo di famiglie italiane abbandoni la Zona B, dove tuttavia la maggioranza degli italiani rimane sul posto, aggrappata fino all’ultimo alla speranza. Le loro ultime illusioni cadono però con l’entrata in vigore del Memorandum d’intesa: la loro terra non tornerà a far parte dell’Italia, ma continuerà ad essere governata da quegli stessi jugoslavi per mano dei quali patiscono infinite sofferenze già da un decennio.
Posta davanti alla scelta se rimanere nella propria terra sotto controllo jugoslavo o andarsene, la stragrande maggioranza della popolazione della Zona B non ha dubbi, e sceglie di partire.
Ne segue un esodo di massa, che entro l’aprile del 1956 coinvolge anche alcuni croati e sloveni, anche loro, come i loro corregionali italiani, poco desiderosi di vivere sotto le autorità comuniste jugoslave.
All’esodo si uniscono anche gli abitanti delle frazioni meridionali del comune di Muggia, area precedentemente appartenente alla Zona A ma assegnata alla Jugoslavia dalle rettifiche territoriali previste dal Memorandum: anche in questo caso partono praticamente tutti, sloveni compresi.